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mercoledì 20 novembre 2013

"1:12 e Il Guado".
Nel mio primo libro, "Il Guado", affrontai (era il 2011) il problema dell'ingiustizia sociale insita negli stipendi spudoratamente alti dei dirigenti delle grandi aziende occidentali. Il problema, prima di essere economico, politico o sociale è squisitamente etico.
Fino al 1984 il capo di una grande azienda svizzera guadagnava circa 6 volte più di un normale collaboratore. Nel 1998 il rapporto era salito a 13. Nel 2011 è balzato a 43. In Asia, per ragioni culturali, la forbice fra stipendi massimi e minimi è, ancora oggi, molto più limitata.

Iniziativa 1 : 12
A costo di apparire surreale, credo che i primi beneficiari di un tetto massimo nelle retribuzioni possano essere... gli stessi manager. I loro deliri di onnipotenza diminuirebbero (caso Vasella per tutti), e i "livelli di umanità" salirebbero (forse). Surreale? Forse!
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Cap.6 "Catai"
(Scena: Appartamento in fabbrica, Zhu Hai, China; Tempi: attuali; Personaggi: Xi Rong: imprenditore cinese, Personaggio narrante).

"La Cina di Mao era malata», biascicò Xi Rong, «Deng ha iniettato il vaccino, le Zone Economiche Speciali, e solo vent’anni dopo, grazie ai nostri cinquemila anni di storia che covavano sotto la cenere, siamo diventati ricchi. Non tutti, ma molti. Molti hanno adesso di che vivere, molto più di prima. Per dirla da tecnici, abbiamo temprato la Cina. Oggi la Cina è dura, compatta fuori, ma anche fragile dentro. Forte fuori, a rischio di frattura dentro. Se i Mandarini di Beijing non vogliono che si spezzi in mille monconi dovranno usare gli occhi della mente, dovranno effettuare un trattamento di “rinvenimento”, rise stanco, da ubriaco, “come si fa con gli acciai, un bel trattamento termico per ridurre le tensioni nel paese, perché non si spezzi. Dovranno ridurre i conflitti fra le provincie ricche della costa e quelle povere dell’interno. Quelle fra i ricchi come me e i poveri come tanti. Fra quelli che hanno un futuro e quelli che non lo vedono neanche col cannocchiale. Forse è per questo che Beijing ha imposto alle grandi aziende statali dei tetti massimi per gli stipendi degli alti dirigenti e, credimi, con quegli stipendi e tutti gli altri privilegi, la vita qui in Cina diventa più che un paradiso”».
Anche Mr Zong era brillo, ma lui non parlava, ascoltava quel figlio che, per lui, era già una ricompensa.
Anch’io ero quasi brillo, ma non parlavo. Mi disgustava pensare al democratico, civile e immorale Occidente in cui gli stipendi dei presidenti di banche, assicurazioni e industrie potevano arrivare fino a mille, duemila volte quello degli ultimi dipendenti, come se avessero mille bocche ciascuno. Come se dovessero vivere settantamila o centoquarantamila anni. Stipendi e bonus stellari anche per chi, come alcuni ignobili gnomi di Zurigo o New York, avevano trascinato le superbanche sull’orlo del fallimento."



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