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domenica 28 aprile 2013

"Gor'kij"
Sentite quel che scriveva Maksim Gor'kij a Ekaterina, l'ex moglie, martedì 5 febbraio 1918, a 1 anno dalla rivolta del febbraio '17 e a 3 mesi dal colpo di stato bolscevico.

Gor'kij, "l'Amaro"
Mia cara,
Qui viviamo prigionieri dei “bolscevichi”, come i francesi chiamano i venerabili scherani di Lenin. La vita non è divertente! Anzi, è un tormento, ma che cosa si può fare? “Chi sopravvive si salva”. Siamo sopravvissuti all’autocrazia dei Romanov e forse sopravviveremo a quella di Ul’janov (Lenin). La vita è diventata una tragicommedia. Non ridere. Forse la Novaja žizin affonderà. Sono di pessimo umore e per di più non sto bene fisicamente. Ci sono giorni che mi sveglio e non ho neppure la voglia di mettermi a lavorare. Mi pare di non desiderare più niente e sono paralizzato dall’apatia, un tempo a me totalmente estranea. 

Sappiamo come è andata a finire (in Russia, per 74 anni) e posso immaginare come andrà a finire (in Italia, nei prossimi anni).
Maksim Gor'kij ("l'Amaro", al secolo Aleksej Maksimovič Peškov) nonostante tutte le critiche è una ventata di lucidità e "aria fresca" su anni di indicibili violenze e abomini. Non è per nulla ridicolo leggere quel che scrive, avvertire il suo sgomento, il pessimismo montante. Un pessimismo che mi ricorda quello di Leonardo Sciascia degli ultimi anni.

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